Saluti del Segretario Generale (Ulisse) e del Comitato Centrale

(nuovo)Partito comunista italiano

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29 luglio 2019

Festa nazionale della Riscossa Popolare del P.CARC - seminari su Gramsci



Cari compagni,

ringraziamo il compagno Ermanno Marini che ci ha invitato ad intervenire al vostro seminario.

Il pensiero di Antonio Gramsci è un patrimonio per il movimento comunista italiano. È l’unico dirigente comunista che nella prima parte del secolo scorso si è cimentato nell’opera di “tradurre il marxismo in italiano”, ossia di usare il marxismo e, per quello che ne conobbe, l’esperienza russa per analizzare il nostro paese e individuare la via per fare dell’Italia un paese socialista. Il carcere fascista gli impedì di guidare il PCI a raggiungere questo obiettivo. Ma le sue analisi e le sue elaborazioni sono per noi una miniera da cui attingiamo alla luce del marxismo-leninismo-maoismo.

Gramsci dal 1923 al 1926, su mandato dell’Internazionale Comunista, si dedicò a trasformare in un partito bolscevico, cioè in un partito basato sul marxismo-leninismo, il PCI fondato a Livorno nel 1921 sotto la guida dell’ala estremista del PSI guidata da Bordiga (a cui Lenin aveva dedicato espressamente una parte del suo scritto del 1920, L’“estremismo”, malattia infantile del comunismo che abbiamo presentato in La Voce 57).

Il PSI era un partito della II Internazionale, con un largo seguito nel proletariato e nelle masse popolari italiane ma con un gruppo dirigente riformista capeggiato da Turati. Esso aveva accompagnato, con mille resistenze e sabotaggi, il proletariato e le masse popolari nei sussulti di ribellione del periodo che va dalla fine del secolo XIX alla Grande Guerra (1915-1918) e nel Biennio Rosso (1919-1920) suscitato dalla Rivoluzione d’Ottobre e infine aveva lasciato via libera al fascismo (il cui capo, Benito Mussolini, era stato dal 1912 alla fine del 1914 uno dei massimi dirigenti nazionali del PSI).

Gramsci non riuscì a portare a compimento la trasformazione del PCI nei tre anni in cui diresse il Partito. Il Congresso tenuto in clandestinità a Lione nel gennaio del 1926 approvò a larga maggioranza le Tesi di Lione che contrastavano le posizioni estremiste: l’approvazione da parte dei membri del Partito non poggiava sulla condivisione ideologica e politica, ma sulla fiducia nell’Internazionale Comunista e nell’URSS, che sostenevano gli autori di quelle tesi. Quando nel novembre del 1926 il fascismo imprigionò Gramsci, il Partito era ancora lungi dall’aver assimilato la concezione comunista del mondo ed elaborato sulla base di essa una strategia per la rivoluzione socialista in Italia. Fu questo il motivo principale per cui la sinistra del vecchio PCI non riuscì a contrastare efficacemente i revisionisti moderni capeggiati da Togliatti, che riuscirono a prendere il sopravvento nella direzione del Partito durante e dopo la Resistenza partigiana e lo trasformarono nell’ala sinistra dello schieramento politico borghese.

Gli scritti di Gramsci sono universalmente noti tra gli intellettuali di sinistra nel mondo intero, ma sono anche largamente travisati da riformisti, attendisti e disfattisti. Caso esemplare di questo travisamento è stato il Forum “il vecchio muore ma il nuovo non può nascere” indetto a Roma nel dicembre 2016 da Rete dei Comunisti, a proposito del quale rimandiamo all’Avviso ai naviganti 66 - 15 dicembre 2016. Gramsci viene presentato come fautore della concezione che prima di prendere il potere il Partito deve avere l’egemonia culturale nella società.

Questo è il principale travisamento che viene fatto del pensiero di Gramsci.

L’altro travisamento diffuso è quello di usare contro il ruolo del partito comunista il Gramsci fautore dei Consigli del Biennio Rosso, periodo in cui Gramsci non aveva ancora assimilato il marxismo-leninismo ed esaltava il ruolo della classe operaia e dei Consigli di Fabbrica senza considerare che il ruolo dirigente del partito comunista è indispensabile ai fini della rivoluzione socialista e per trasformare gli stessi Consigli di Fabbrica in soviet. Il Gramsci “consiliarista” viene usato contro il Gramsci costruttore del Partito nel 1923-1926 ed estensore dei Quaderni del carcere negli anni della prigionia, proprio grazie agli insegnamenti tratti dal Biennio Rosso (la cui sconfitta confermò esattamente la necessità di un partito all’altezza dei compiti) e alla formazione ricevuta in Unione Sovietica.

Nel Supplemento di La Voce 61 (Gramsci e la crisi generale del capitalismo) abbiamo mostrato perché il primo e principale travisamento della concezione di Gramsci è possibile e più in generale a cosa si appigliano riformisti, attendisti e disfattisti per far passare Gramsci come un fautore delle concezione che i comunisti potranno conquistare il potere solo dopo che avranno raggiunto l’egemonia in campo intellettuale e morale sulle masse popolari e quindi solo dopo che avranno trasformato la coscienza delle ampie masse popolari (di contro alla tesi di Marx ed Engels che “in ogni società divisa in classi le idee e i valori predominanti sono quelli della classe dominante”).

Il Supplemento, che consigliamo vivamente di studiare, è parte del lavoro di bilancio e di elaborazione dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976) necessario per individuare, comprendere e superare gli errori e i limiti che impedirono l’instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti e che portarono al crollo dei primi paesi socialisti. Non basta “riprendere il cammino” da dove è stato interrotto e “ripristinare i principi del marxismo-leninismo”, come professano i dogmatici e tra essi i dirigenti del PC di Marco Rizzo. Noi comunisti siamo non solo continuatori dell’opera del vecchio PCI di Gramsci e in generale del movimento comunista guidato da Lenin, Stalin e Mao Tse-tung, ma anche innovatori: sviluppiamo il patrimonio teorico del movimento comunista, forti del bilancio della ricca esperienza accumulata dal movimento comunista nella prima ondata della rivoluzione proletaria. Raccogliamo quindi gli insegnamenti di Gramsci e li sviluppiamo per portare a compimento l’opera che lasciò incompiuta: fare dell’Italia un paese socialista!

Questa è l’impresa a cui il (n)PCI chiama a partecipare tutti coloro che vogliono mettere fine al marasma in cui la borghesia ci affonda e vogliono costruire una nuova epoca di progresso e sviluppo per l’umanità!

Viva la Festa della Riscossa Popolare del P.CARC!

Il Comitato Centrale del (n)PCI